PSICOLOGIA & DINTORNI,
NUOVO CICLO. 1/TERRORISMO,
MIGRAZIONI E TRAUMA

PSICOLOGIA LETTINOLECCO – Prende il via la seconda stagione della rubrica di LeccoNews dedicata alla nostra mente. Anche quest’anno l’autore è il dottor Alberto Zicchiero, psicologo.

Come l’anno scorso, la cadenza sarà all’incirca bisettimanale. Il primo tema che verrà trattato è quello del trauma psicologico, con uno sguardo particolare ai fatti di attualità.
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Negli ultimi mesi l’attenzione dei mass media di tutta Europa è concentrata su due temi di estrema rilevanza: l’emergenza migratoria e il terrorismo internazionale. Sono due argomenti che, grazie alla loro drammaticità ed urgenza, si prestano particolarmente bene ad essere cavalcati dalle diverse fazioni politiche. Il mio intento, però, è che questo articolo risulti scevro da ogni implicazione partitica, per non rischiare di cadere negli estremi della retorica a cui assistiamo in questo periodo, divisa tra usi impropri del termine “invasione” e interventi scolastici di dubbio gusto ed utilità. I punti di raccordo tra queste due tematiche sono facilmente riscontrabili. I migranti provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente spesso fuggono proprio dal terrorismo e dall’estremismo islamico. Le vittime di Parigi, Nairobi, Tunisi e Beirut (per citare solo le città colpite nell’ultimo periodo, ma la lista sarebbe tragicamente lunga) hanno conosciuto il dolore e la sofferenza, così come avviene per i migranti che superano i nostri confini attraverso lunghi viaggi fatti di privazione e di morte.

Ma qual è il punto di vista della psicologia riguardo a questi fatti? Il raccordo tra le due situazioni appena esposte, ovvero quella delle vittime europee e quella delle vittime africane e mediorientali, è sia geografico che clinico. All’interno di entrambe, infatti, rischiano di strutturarsi situazioni psicologiche caratterizzate dal trauma.

Possiamo definire il trauma come un evento improvviso, imprevisto e imprevedibile che la persona sperimenta come devastante e destabilizzante. Si tratta di una minaccia che mette a dura prova il senso di sicurezza psicologica della persona, “disorganizzando” la mente tanto da lasciare profondi e duraturi cambiamenti nello stato di allarme, nelle emozioni e nello stato cognitivo del soggetto che n’è stato esposto. Una percentuale significativa delle persone che subiscono un trauma a seguito di un evento stressante (es. vivere in situazione di guerra, essere testimoni di omicidi, trovarsi in situazioni di catastrofi naturali, subire violenza sessuale o tortura…) può sviluppare una serie di disturbi psichici che il DSM V raggruppa sotto il nome di Disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti. Essi sono:

–          Disturbo reattivo dell’attaccamento;
–          Disturbo da impegno sociale disinibito;
–          Disturbo da stress post traumatico;
–          Disturbo da stress acuto;
–          Disturbi dell’adattamento;
–          Disturbo correlato ad eventi traumatici e stressanti con altra specificazione.

http://psicologagenova.it/wp-content/uploads/2015/06/disturbo-post-traumatico-da-stress.jpgRimandando l’approfondimento della maggior parte di essi ad altre sedi, vorrei concentrarmi brevemente sul Disturbo da stress post traumatico (DPTS). È definito da una serie di criteri, primo dei quali, come già accennato in precedenza, l’esposizione a un evento traumatico di cui si fa esperienza diretta oppure al quale si assiste (es. i soccorritori che accorrono per primi, ad esempio i pompieri tra le macerie del World Trade Center l’11 settembre 2001), o del quale si viene a conoscenza.  Un altro criterio è la presenza di questi sintomi: ricordi intrusivi dell’evento, incubi ricorrenti dal contenuto collegato all’evento, reazioni dissociative (es. flashback), sofferenza psicologica all’esposizione a fattori in qualche modo collegati all’evento, marcate reazioni fisiologiche di allarme.

Le persone che presentano DPTS, inoltre, cercano persistentemente di evitare ricordi spiacevoli, pensieri e sentimenti associati all’evento stressante che hanno vissuto; così come si sforzano di evitare fattori esterni (come luoghi, conversazioni, attività) che generano ricordi spiacevoli inerenti al trauma. I pensieri e le emozioni ne risultano alterati negativamente, come evidenziato ad esempio dall’incapacità di ricordare alcuni aspetti importanti del fenomeno o le convinzioni e le aspettative esageratamente negative verso sé stessi, gli altri e l’ambiente esterno. Lo stato emotivo risulta persistentemente negativo: il mondo che l’individuo esperisce è di paura, orrore, rabbia, e spesso anche di colpa e vergogna. Rapportandosi a un individuo con DPTS si assiste al fenomeno psicologico-comportamentale denominato anedonia: l’incapacità di provare piacere ed interesse verso attività significative per la propria vita. Egli ontologicamente si appiattisce, si ritira. Vive sentimenti di distacco verso gli altri, che, nei casi più gravi, possono sfociare in depersonalizzazione e derealizzazione. Altre manifestazioni tipiche possono essere comportamento irritabile ed esplosioni di rabbia, comportamento autodistruttivo, problemi di concentrazione, difficoltà relative al sonno. Di norma questo disturbo si manifesta entro sei mesi dall’evento traumatico, ma la sua espressione può essere anche più ritardata.

Questo breve excursus nel concetto di trauma psicologico non vuole chiaramente essere clinicamente e scientificamente esaustivo, non potrebbe. Quello che però dovrebbe chiaramente emergere leggendolo è l’importanza, etica così come medico-psicologica, di assicurare un aiuto alle persone colpite da questi eventi infausti. Chi guarda in faccia il Male ha bisogno di un supporto psicologico, necessita di cura, comprensione ed accoglienza. Assistenza nel dolore. Solo così potrà cercare di tornare alla tranquillizzante normalità della routine quotidiana, un Bene che spesso erroneamente consideriamo immutabile e diamo per scontato.

Alberto Zicchiero, psicologo
Iscrizione Opl n. 17337

 

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