MORTE DI BELTRAMI, “SCOMPARE
UN INSOSTITUIBILE PRECURSORE”.
LO RICORDANO I CAPI STAZIONE
DEL SOCCORSO ALPINO LECCHESE

Mario Milani tagliataLECCO – Di poche parole, un capo silenzioso, ma efficace e con visione manageriale. Un uomo di difficile successione, perché assommava in sé diverse e importanti competenze per una associazione come il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico. Questa è la costante nei ricordi dei vertici lecchesi del Cnsas. Gian Attilio Beltrami è stato uno dei co-fondatori del Soccorso così come lo conosciamo oggi, organizzato e tecnologico, lo ricorda Mario Milani, il direttore nazionale della scuola medica del Soccorso Alpino MedCom anche lui appartenente a quel nucleo originario in cui c’erano, oltre a Beltrami -tra gli altri- Bebo Adelio Fazzini, Daniele Chiappa, il cardiologo Luigi Piatti, Mario Landriscina (il neo eletto sindaco di Como) e più tardi Gian Paolo Schiavo.

“Beltrami aveva una visione chiara del Soccorso Alpino, sapeva dove si stava andando e quali obiettivi era necessario raggiungere” – sintetizza Milani che è anche medico dell’ospedale Manzoni di Lecco.

L'immagine può contenere: 1 personaLui il capo delle XIX Delegazione lo conosceva bene, in qualità di suo vice per una quindicina di anni, a cavallo degli anni Ottanta e Novanta. E’ il periodo in cui nasce il centro operativo del Cnsas ed inizia la collaborazione con l’elisoccorso. Tutte cose che poi sono state replicate e diffuse a livello regionale e nazionale.

“Prima il Soccorso aveva una dimensione ‘eroica’: quando arrivava l’emergenza i volontari si chiamavano l’uno con l’altro. Adesso invece la reperibilità è organizzata. Ai tempi in cui i cellulari e whatsapp erano lontani dall’essere diffusi, Beltrami ebbe l’idea di usare il teledrin, che era già in uso tra noi medici ospedalieri”. Poi è nata l’Areu, il 118 e il Soccorso alpino è diventato organico alle attività di soccorso in emergenza.

E così dopo un periodo in cui il tecnico alpinista si aggiungeva all’equipaggio degli elicotteri solamente il sabato e la domenica, la presenza di tale figura divenne quotidiana.  Il salto di qualità nell’impegno richiese più alte competenze sia in ambito tecnico montano, sia medico per essere  in grado di assistere il dottore e l’infermiere di bordo.  Sono queste alcune delle trasformazioni a cui Beltrami ha lavorato intensamente.

beltrami lutto cnsas“Abbiamo un bel problema, ora, a sostituire Beltrami, perché persone come lui sono rare”.

> A destra: il Soccorso Alpino in lutto (su Facebook)

“La responsabilità come delegato comprende molte competenze: oltre alla diplomazia servono idee nuove, come a suo tempo furono il diventare associazione e darci uno statuto. Gianni è sempre stato all’altezza di questo compito ricoperto per più di trent’anni, a parte una breve parentesi. Sapeva come coinvolgere le persone in maniera convinta e decisa”, prosegue Milani.

Giuseppe-Rocchi-autmn 244 x 280Collega nel soccorso alpino per decenni, Giuseppe Rocchi, capo stazione di Lecco, ha scoperto in Beltrami un amico da pochissimo, dopo una recente vacanza insieme a scalare le alture della Sardegna. “Via a rampegà, a mangià era felice. Ma a lui quella montagna non piaceva, amava le grandi altezze dove ci sono roccia e ghiaccio” parte da un flash intimo Rocchi, per poi aggiungere: “Era un grande capo, schivo sempre nelle sue, ma altrettanto disponibile”.

“Sapeva quando e come parlare. Venerdì eravamo a Como nella centrale del 118 per il periodico incontro di confronto. A me ogni tanto scappava la dialettica forte, lui invece con calma sapeva portare avanti le nostre istanze” spiega il capo stazione di Lecco. “Aveva ancora un anno e mezzo davanti come delegato ma voleva da tempo smettere, lasciare il passo ai giovani, purtroppo trovare una figura come lui – serio, preciso e moderato – sarà difficile, anche se ormai da tempo stiamo guardando alle nuove generazioni”.

Fabio Paruzzi 315“Si capisce che era il suo destino, la sua ora era lì” inizia laconico Fabio Paruzzi, capo stazione della Valsassina Valvarrone. “Era entrato come speleologo quarant’anni fa, per poi passare all’alpinismo. Quando frequenti una persona per decenni in ambito di volontariato ne diventi inevitabilmente amico. E’ un grande delegato (ne parla al presente n.d.r.) una grande persona. Preparatissimo, le cose le sapeva e interveniva sempre in modo puntuale senza sprecare parole, si vedeva che anche nella vita era un manager” riflette Paruzzi, chiudendo con una nota di dolore: “Sta diventando un periodo un po’ così … difficile”.

Alberto Redaelli triangolo lariano Cnsas 280“Quando nel 1999 sono stato eletto capo stazione, il primo a congratularsi con me è stato Beltrami. Recentemente ho lottato con tutta forza perché tornasse ad essere il nostro delegato, dopo la parentesi in cui si era allontanato dal vertice”. Il capo stazione del Triangolo Lariano Alberto Redaelli è forse uno che lo ha conosciuto per ultimo, ma mostra un legame profondo, sicuramente cementato da un difficilissimo soccorso a tre al pizzo d’Eghen, sei anni fa, in cui Beltrami, Redaelli e Fabio Lenti recuperarono scendendo in corda per 700 metri un alpinista scivolato e fratturato.

“Avevamo una forte intesa. Stavamo convincendolo di proseguire per un secondo mandato ancora, sebbene fosse stanco, per darci tempo di selezionare un delegato nuovo alla sua altezza” – racconta Redaelli – “voleva portare la riflessione quasi a un punto zero per aprire la strada alle novità. Era innovativo, manageriale, guardava all’associazione come a una grossa azienda. Una visione vincente come ampiamente dimostrato in questo ultimo anno e mezzo di comando”.

L'immagine può contenere: 3 personeE da ultimo mettiamo anche il nostro ricordo di giornalisti perché ci conoscemmo alla partenza di Valsassinanews con uno scontro a distanza, molto secco e di cui c’è traccia ancora su Youtube. Il pomo della discordia era una decisione (poi non presa) di sospendere le ricerche durante un soccorso. Ne scrivemmo a freddo, dopo tanto tempo dall’intervento, ma al Soccorso non piacque e lui decisamente si fece portavoce del malumore dei suoi uomini. Poi durante lo scambio telefonico convenimmo entrambi che non fosse sempre il caso di far apparire i volontari come dei supermen. Che anche nei giornali si dovesse scrivere che ci sono condizioni meteo di pericolo, oltre alle quali non si possono mandare i volontari allo sbaraglio.

Che bisognasse ricordare che si tratta di uomini e spesso padri e madri di famiglia, pur generosi e ben disposti. Un discorso difficile, però da iniziare.  Per responsabilizzare chi va in montagna a non fare – come a volte ancora accade – sciocchezze evitabili che mettono poi a repentaglio i soccorritori, come l’episodio accaduto ad esempio due notti fa in Grignetta.

Beltrami era così: deciso ma in grado di vedere oltre. Partì arrabbiatissimo ma alla fine trovammo un terreno comune.

Nadia Alessi