MIGRANTI E CASO AQUARIUS:
“BATTAGLIA COMUNE, AL DI LÀ
DI NAZIONI E POLITICA”

germano bosisioLECCO – Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Germano Bosisio, in merito alle ultime vidende riguardo la questione migranti e la politica italiana.

In questi giorni stiamo assistendo ad una vicenda esemplare di come la questione migratoria possa rappresentare un vero e proprio banco di prova di civiltà. Costringendo tutti a misurarsi su una modalità “insolita” di dare soccorso a oltre 600 migranti, l’opinione pubblica si sta interrogando ( e dividendo) sull’approccio usato dal neo governo. Da persona di “sinistra” (quella sinistra realmente impegnata per la giustizia sociale) mi ero già espresso sotto forma di un endorsement elettorale nei confronti del Movimento 5 stelle.

Non nascondo la mia contrarietà, per motivi immaginabili, per la subentrata “alleanza” con la Lega ( da alcuni ritenuta il male minore, viste la condizioni date) a cui avrei preferito una convergenza con forze sociali e politiche dell’area più vicina, nei fatti e non nelle enunciazioni, al mio sentire. Ciononostante, volendo misurare dalle scelte concrete soprattutto in tema di riduzione delle disuguaglianze sociali ( per me faro centrale ) l’operato di questo governo non posso non rilevare, ad esempio e per essere sintetici, una profonda contraddizione “logica” tra la cosiddetta Flat Tax e il Reddito di Cittadinanza. Ritengo comunque l’operazione “contratto di governo”, stante le evidenti differenze tra le 2 forze politiche, un tentativo “originale” per comporre visioni diverse (se veramente inconciliabili ce lo dirà il tempo) orientate ad un “cambiamento” di cui tutti avvertivamo l’assoluta necessità.

Ora però siamo al dunque (considerando ovviamente i primi segnali) e vedremo cosa realmente il nuovo governo saprà produrre su di un piano pratico in tema della sbandierata (ed auspicata, a parole, da tutti) messa in discussione delle regole ingiuste di questa Europa ( non certo quella sociale prevista dai padri costituenti) ed anche, già in questi giorni, della questione migranti.

Su questa vicenda, con realismo ma anche eticità, non posso non considerare un buon compromesso tra fini e mezzi questa minacciata operazione di chiusura dei nostri porti e le conseguenze prodotte. Visto peraltro che la salute dei 629 migranti è stata tutelata e nel frattempo circa un altro migliaio è stato raccolto in mare ed accolto in Italia.

Andando al cuore delle possibili valutazioni, le domande sottese mi appaiono queste: è possibile anteporre alle logiche politiche d’appartenenza il primato della risoluzione dei problemi? Si tutelano meglio le sorti dei migranti (ma ancor meglio del cosiddetto Terzo Mondo) obbligando finalmente l’Europa (e le sue attuali ipocrisie) a farsene carico in modo realmente condiviso e strutturale o lasciando le cose come stanno ?

Pur consapevoli delle corrispondenti schizofrenie leghiste in termini di vicinanza ideologica a Paesi europei che si rifiutano, ergendo muri, di accoglierne quote, rimane ineludibile il problema di una gestione condivisa andando alla radice dei problemi e cioè quello di un’azione efficace e concordata di drastica riduzione degli squilibri strutturali che, se non si è ipocriti, sono alla base di questi fenomeni epocali.

Ed è su questo piano che occorrerebbe, sia da parte dei 5 Stelle che di tutti coloro a cui sta realmente a cuore la giustizia, incalzare la Lega ad una coerenza non dettata da ciniche convenienze politiche. E la coerenza, per l’intero governo, non può limitarsi ad una tempestiva richiesta all’Europa di mettere realmente in discussione il trattato di Dublino ma deve poggiare sulla costruzione di un efficace fronte che chieda apertamente un piano per ridurre gli squilibri strutturali all’interno dell’Europa ma anche tra “noi occidentali” e i Paesi terzomondisti, a partire da quelli africani.

Un fondo per gli aiuti mirati allo sviluppo ( ma più coerentemente rapporti commerciali e geopolitici meno sbilanciati a “nostro” vantaggio ) che si saldi con un altrettanto reale fondo speciale di investimenti per il lavoro in Europa (ad esempio introducendo come indicatore di civiltà il PdL= Posti di Lavoro e con esso misurare le politiche comunitarie). Solo riducendo significativamente le disuguaglianze a vari livelli (ben oltre la “chiave sovranista” dei singoli Stati) si potrà gettare le basi di una stabilizzazione migratoria ridotta a limiti fisiologici.

Quindi il problema va ben al di là dell’accoglienza di coloro sono definiti profughi di guerra ma interpella a fondo le cause degli squilibri economici e geo politici che per decenni hanno consentito, e consentono ancora, ad esempio di depredare i paesi africani delle loro risorse. C’è quindi una battaglia comune che va ben al di là degli aspetti nazionali, pur presenti e che chiede all’Europa di farsi motore di una rinnovata economia dal volto umano. E l’Italia può e deve essere , visto il suo peso economico (siamo la seconda forza manifatturiera in Europa) la scintilla che potrebbe concretamente contribuire a rimettere in discussione le “regole del gioco”, coagulando altre forze nazionali.

A partire dal non dover perseguire solo logiche e misuratori spesso dettati da una Finanza cinica e speculativa “del far soldi coi soldi” (non a caso definita “dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano””da papa Francesco), dei feticci dello spread o del pareggio di bilancio, o del fiscal compact ma invece quelle della valorizzazione del Lavoro e dell’Economia reale. L’Economia deve saper rimettere al centro l’Uomo e non la massimizzazione dei profitti e la crescita del Pil non può essere l’indicatore reale di civiltà ma semmai lo è come viene realmente distribuita la ricchezza prodotta, in un contesto compatibile con la questione ambientale e sociale.

È su questo piano che si dovrà misurare questo governo, anche rispetto alle sue promesse elettorali.
Naturalmente con la concretezza di scelte e percorsi che tengano conto dell’esistente distorto ma che si ispirano a politiche e modelli di sviluppo realmente alternativi, compreso un approccio diverso a quella che viene chiamata “l’Economia del Debito”, un vero e proprio cappio al collo per la vita dei Popoli.

Come è possibile, solo per rimanere al nostro livello nazionale, accettare una logica per cui dal 1980 ad oggi abbiamo già pagato complessivamente 3400 miliardi di interessi ai nostri creditori ma il nostro debito pubblico è ancora di 2300 miliardi ? E così pure aver chiuso in modo “virtuoso” i bilanci annuali dal 1990 al 2015, con la sola eccezione del 2009, con un avanzo primario totale ( differenza tra entrate ed uscite al netto degli interessi sul debito) di oltre 700 miliardi, senza aver migliorato complessivamente la nostra situazione debitoria? Anche al meno acculturato questo semplice quanto stridente confronto di cifre non può non far nascere il sospetto di un sistema strutturalmente distorto.

Queste sono le vere contraddizioni del sistema, altro che prendersela con i più derelitti dividendo il fronte delle “vittime” (al netto delle responsabilità dei singoli comportamenti e sempre alla luce di diritti ma anche e soprattutto di doveri per tutti). Con un’opzione di base che le raccoglie tutte: se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri (don Lorenzo Milani).

Quindi nessuna “guerra fratricida” tra gli oppressi mentre chi accumula ride e continua strumentalmente a dividere i “sudditi” ma una chiarezza di scelte politiche ispirate alla giustizia e percorsi concreti applicativi pur graduali. Anche e soprattutto su questo si dovrebbero misurare gli sviluppi futuri se non si vuole esporre l’Europa, il nostro pianeta ma anche le nostre vite quotidiane ad una sempre maggior precarietà.

Germano Bosisio