PADRE ANGELO CUPINI: PENSIERI
E RIFLESSIONI DURANTE LA FESTA
PER L’OTTANTESIMO COMPLEANNO

LECCO – Amici, soci e volontari si sono ritrovati alla Casa sul pozzo di Chiuso di Lecco, sede della Comunità di via Gaggio, per festeggiare gli 80 anni di Padre Angelo Cupini con una messa di ringraziamento. Alla fine della celebrazione il religio ha poi voluto esplicitare alcune sue sensazioni e riflessioni sulla vita.

“Ho più vita alle spalle che avanti. Rendo grazie per questa lunga vita, un regalo partito dai miei genitori e accompagnato da tanti quotidianamente. Sono in debito con tutti. E’ stato utile viverla e ne è valsa la pena anche nei tempi vuoti e faticosi. Il motivo non è perché è andata bene, ma perché ho sperimentato la misericordia e la lealtà di Dio.

Tutti mi hanno rivelato il Dio della libertà, della gratuità e della misericordia, da lui mi sono sentito chiamare alla responsabilità nei confronti dello straniero, del povero, di ogni uomo. La mia è stata un’avventura, ricca sempre di nuovi volti e di nuove visioni; tutto è stato più grande del sogno iniziale o dei miei desideri.
Una delle volte che sono andato a Taizé, entrando nella chiesa della riconciliazione, mi è venuta incontro la frase: Dio è più grande del nostro cuore; egli non ci condanna. E’ stato l’augurio che mi ha accompagnato in tutti questi anni. Dio non è stato un peso che mi ha schiacciato e io non mi sono sentito un dispensatore di buon consigli, ma un fratello che si è messo all’ascolto dell’altro.

La parola accolta dei miei fratelli (grido, pianto, urlo, gioia, abbraccio) è stata la strada che ho percorso. Oggi ho la percezione di aver fatto una storia con Dio, questa è la mia avventura. Non mi ha reso forte o potente ma solo un fratello che resiste con altri uomini. Ho conosciuto e ne sono stato sempre più scosso il Dio che ha svuotato se stesso, che ha perso tutto per diventare come uno di noi.

La Parola negli anni è diventata centrale e attraverso di lei ho sostenuto le scelte e il tempo. Oggi ho uno sguardo su Dio più interiore che all’inizio, la confidenza con lui e con gli uomini non si è lacerata e sbiadita; come dice la Bibbia, i vestiti non si sono logorati addosso a noi, né i sandali si sono consumati ai nostri piedi (Deuteronomio 29, 4).

80 anni sono storia e vita, non è stata l’effervescenza giovanile o la voglia di futuro a sostenermi, ma il bene che mi è stato riversato. Non mi sento migliore di nessuno, so solo che il Signore ha continuato a salvarmi attraverso la vicinanza delle persone; per questo mi sento grato a tutti. Quello che ho di fronte, per come sarà, sarà certamente meglio di quello e di quanto ho vissuto. Oggi ho molto più debiti che nel passato.

Il male mi interroga. Sento tutte le cose ad un livello più profondo e divento più silenzioso e abitato; mi piace contemplare la vita, mia e quella degli altri, dei territori, del mondo. E’ importante questa percezione di solitudine perché dice lo spazio della possibilità, della libertà; sperimento di essere più fragile e vulnerabile.

Arrivare a 80 anni e sperimentare che non devo fare nulla, devo ridiventare il bambino che gioca con la vita e accostarsi sempre di più alla volontà di Dio che è la vita dell’uomo. Mi sento come uno che ha perduto tutti gli aggettivi e pensa solo alla parola che comunica e che dice fedeltà alla vita. Mi sento nella logica di sostenere le vite, quella di ognuna/o. C’è un desiderio di trovare unità e di offrirla a tutti. Questa unità non viene da una geometria del bello e dell’ordine, ma è come attirata dall’unica cosa necessaria nella vita, il faccia a faccia con Dio.

Ora di fronte alla mia persona si sviluppa la visione del limite. Non sono solo i limiti fisici e psichici a indicarli; significa che ho di fronte l’evento più misterioso e fondamentale: la morte. Questo pensiero mi sta accompagnando da diversi anni; mi fa accogliere la realtà di ogni giorno, la riduzione delle possibilità e la finitezza, ma anche la porta che si spalanca per entrare nel dialogo misterioso dell’al di là.

Chiudo con un pensiero che mi ha scritto all’inizio della settimana Gianni Tognoni: Mi sento così abitante della casa tua-di-nessuno-di tutte/i, da portarmela a spasso nel mondo come parte di una mia identità: passaporto di cittadinanza che non conosce muri, ed è eco di tutte le “gravidanze di speranza” (come ricorda il nostro fratello Casaldaliga) che si sono inaugurate , anche per le pietre, in quella casa senza mura e confini e regole che era quella intorno al pozzo della Samaritana. Un abbraccio!

Frequentare il futuro, questa è la scommessa che ci viene da questa Eucaristia nella memoria di Paolo di Tarso e del mondo. Il futuro è un diritto umano, ha detto il Papa in Panama ieri. La frequentazione di futuro tra anziani e più giovani è l’esperienza di abitare questa casa e il tempo. E’ l’impegno che voglio continuare a condividere con voi tutti”.